LA TESTIMONIANZA
Sono circa le undici quando il presidente della corte, dall'aula bunker
del carcere di Rebibbia, introduce il videocollegamento con uno dei più
noti pentiti della storia di Cosa Nostra. Gaspare Spatuzza, rintuzzato
dalle domande del pm Ilaria Calò, parla dei rapporti che intercorrevano
tra lui e gli esponenti della famiglia
Triassi, accusati insieme ai Fasciani di aver imposto la loro presenza
nel litorale romano, creando un'associazione a delinquere di stampo
mafioso, dedita principalmente all'usura e al commercio di sostanze
stupefacenti. «E' accaduto tutto tra il '95 ed il '97- racconta
Spatuzza- Ero capofamiglia di Brancaccio e Capomandamento. Avevo un
gruppo di fuoco peggio dei talebani e vicino a me c'erano i fratelli
Garofalo». Furono i fratelli affiliati alla cosca della Noce, nel
palermitano, a presentare tale Pino al collaboratore di giustizia.
«Volevo avere una base logistica a Roma» ha continuato Spatuzza. «Pino
venne a Palermo, mi parlò di affari ma disse che prima bisognava
ammazzare i Triassi». Ma una volta a Roma, Spatuzza cambia strategia:
«Mi dissero che Pino aveva l'Aids, quindi per la mentalità mafiosa era
inaffidabile. I Triassi avevano una prepotenza mafiosa uguale a quella
di cosa nostra». Accetta di incontrarli: «Se li volevo uccidere non li
incontravo. Li reputai più affidabili di Pino. Andai all'incontro
disarmato, rappresentavo una forza armata e nessuno ci faceva paura». In
quell'incontro, avvenuto nel marzo del '96, Spatuzza pose le basi per
una collaborazione che non avvenne mai: «Grazie a Dio nel '97 mi hanno
arrestato».
(Andrea Ossino - Il Messaggero)IL MONDO / attualita / 20 Febbraio 2014
Racket su Litorale, Spatuzza: comandavano Fasciani-Triassi
Testimonianza ascoltata nell'aula bunker del carcere di Rebibbia
Roma, 20 feb. "Avevano il paese di Ostia nelle mani".
Ha detto così il pentito di Mafia, Gaspare Spatuzza, nel corso di
una testimonianza nell'ambito del processo agli esponenti dei
clan Fasciani e Triassi finiti in carcere l'estate scorsa nel
corso di una maxioperazione della Procura di Roma contro la
criminalità organizzata di Ostia.
Spatuzza, in collegamento audio, per circa un'ora ha risposto
alle domande del pm Ilaria Calò. E così nell'aula bunker del
carcere di Rebibbia è stato in qualche modo ricostruito cosa
avvenne a cavallo degli anni '90. "Dalla Sicilia, nel 1995, in
qualità di reggente e capo del mandamento di Brancaccio, mi
mandarono
per una missione di morte al fine di scovare e uccidere pentiti di
mafia - ha detto Spatuzza - Arrivato a Roma incontrai un corleonese
trapiantato nella Capitale che mi confermò che i Triassi ad Ostia erano i
padroni e che andavano eliminati. Chiesi consiglio ad un'altra persona e
non ne feci niente perché capii che il clan Caruana-Cuntrera, cui erano
legati i Triassi, erano troppo potenti".
Per gli inquirenti i Triassi ed il clan Fasciani avevano fatto
un accordo di non belligeranza per la spartizione degli affari.
L'inchiesta della Dda capitolina ha portato all'arresto, nel
luglio scorso, di 51 persone tra cui i capi famiglia Carmine
Fasciani e Vincenzo Triassi.
In
un passaggio dell'ordinanza del gip Simonetta D'Alessandro la realtà di
Ostia è stata così spiegata da Spatuzza: "La cosa che ho notato è che
rispetto alla mafia, la mafia palermitana o
siciliana che sia, a Roma hanno tutta un'altra mentalità, nel
senso che non si vogliono sporcare le mani direttamente. Il
romano cerca di farsi proteggere le spalle, agire in seconda fila
e però investire più... per avere più proventi possibile. Quindi
cerca di non apparire ed esporsi... hanno bisogno di questa
manovalanza criminale per portare avanti i loro interessi: gli
investimenti".Roma: processo a mafia di Ostia, interrogato pentito Spatuzza
Roma,
20 feb. (Adnkronos) - Gaspare Spatuzza, pentito di mafia, ha deposto
oggi in collegamento audio nel processo che vede imputate a Roma per
fatti di mafia 51 persone. Sono i componenti
delle famiglie Triassi e Fasciani, operanti lungo il litorale romano e
finiti in carcere alcuni mesi fa. Spatuzza rispondendo alle domande del
pubblico ministero Ilaria Calò per oltre un'ora ha rievocato fatti del
passato a cominciare dalla metà degli anni '90, ricordando che i due
clan erano in sostanza i dominatori del litorale della Capitale.
Davanti
ai giudici della III Corte d'Assise il pentito ha ricordato tra i tanti
episodi che nel 1995, quando era reggente e capo del mandamento di
Brancaccio a Palermo, fu mandato in missione a Roma con un preciso
compito: scovare e uccidere i pentiti di mafia. Nella Capitale prese i
contatti necessari per raccogliere le informazioni che gli servivano. Fu
un corleonese a confermagli che i Triassi erano potenti e tra coloro
che dovevano essere eliminati. Ma il progetto non fu portato a termine
quando si accertò che i componenti di questo clan erano collegati con la
potentissima famiglia dei Caruana-Cuntrera.
La
Procura della Repubblica di Roma, che ha portato avanti la complessa
inchiesta conclusasi con l'arresto delle 51 persone nello scorso luglio,
è convinta che tra i Triassi e il clan Fasciani venne sottoscritto un
accordo di non belligeranza per la spartizione del territorio e per
portare avanti gli affari di ciascun clan senza interferenze.
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