venerdì 28 dicembre 2018

OSTIA: PENSAVAMO FOSSE ANTIMAFIA INVECE ERA UN CALESSE

“NOI Associazione AntiMafia”, con presidente Massimiliano Vender e presidente onorario la giornalista di Repubblica, Federica Angeli (icona del PD e 'avversaria' del M5S) in data 12 luglio 2018 ha pubblicato con un post su facebook il proprio statuto (non autenticato da un notaio) in cui si legge (art.1):

ART. 1 – E’ costituita un’associazione di promozione sociale di nome “NOI Associazione AntiMafia” (di qui denominata semplicemente “NOI”), con sede legale transitoriamente in via Costanzo Casana 244. Entro il 31/12/2018 con Delibera dell’Ufficio di Presidenza si provvederà ad indicare l’indirizzo della nuova sede legale.

In data 18 dicembre 2018 la Regione Lazio ha comunicato che “NOI Associazione AntiMafia” non risulta iscritta nell'apposito albo regionale riservato (per legge) alle Associazioni di Promozione Sociale (Assessorato Politiche Sociali e Famiglia,
Dipartimento Programmazione Economica e Sociale, Direzione Regionale Politiche Sociali e Famiglia, Terzo Settore e Servizio Civile, Registro dell'associazionismo aggiornato al 18 dicembre 2018 - Legge Regionale n. 22/1999).

Eppure “NOI Associazione AntiMafia” è stata 5 mesi fa riconosciuta come tale da Guglielmo Muntoni, Presidente della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale Ordinario di Roma (Terza Sezione Penale, dove in pratica si gestiscono i beni sequestrati, carica che ricopre dal 9 ottobre 2013). Il riconoscimento è avvenuto domenica 22 luglio 2018 alle 19, ad Ostia ("l'aperitivo della legalità"), presso lo stabilimento Village confiscato al clan Fasciani e gestito dagli amministratori giudiziari Angelo Oliva e Francesca Sebastiani. Lo stesso Guglielmo Muntoni ha concesso all'associazione più volte gli spazi del porto turistico di Ostia, anch'esso sequestrato, come p.es. in occasione "del concerto della legalità" tenutosi il 30 settembre 2018 ma che non era stato autorizzato dal Comune di Roma (comunicazione del Dipartimento Attività Culturali - Direzione Spettacolo, prot.n CO/39534 del 19 novembre 2018).

Premesso che in Italia non esistono 'associazioni antimafia' in quanto non previste per legge (la stessa 'Libera' è solo un'Associazione di Promozione Sociale, come risulta dal proprio statuto approvato dall'Assemblea Nazionale), è dunque strano che “NOI Associazione AntiMafia” non risulti iscritta nell'osservatorio regionale per l’associazionismo del Lazio previsto dall'articolo 14, comma 1 della Legge 7 dicembre 2000, n. 383, "Disciplina delle associazioni di promozione sociale", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2000.
Infatti la Regione Lazio, come specificato dalla legge regionale n.11 del 10 agsto 2016, art. 39, comma 2 lett. b), considera come enti del terzo settore le Associazioni di Promozione Sociale di cui alla legge regionale n. 22 del 1 settembre 1999, "Promozione e sviluppo dell'associazionismo nella Regione Lazio".

Addirittura si vocifera che a “NOI Associazione AntiMafia” verranno concessi spazi all'interno della cosiddetta 'palestra della legalità', l'edificio sequestrato assieme al porto turistico di Ostia per bancarotta fraudolenta sito in via dell'Idroscalo 103, assegnato però  per tre anni all'IPAB Asilo Savoia (Piazza Santa Chiara 14, 00186 Roma) grazie a un accordo tra Guglielmo Muntoni e Nicola Zingaretti e grazie ad un complesso cambio di destinazione d’uso del fabbricato “D”, quale pertinenza del distributore TAMOIL, ai sensi dell’art. 1bis della legge regionale n.36 del 02 Luglio 1987, "Norme in materia di attività urbanistico - edilizia e snellimento delle procedure",

Attenderemo il 31 dicembre 2018 per conoscere quale sarà la sede legale definitiva di questa associazione visto che quella ora indicata corrisponde all'abitazione di Federica Angeli che, tra le altre cose, ha dichiarato tramite l'avvocato Giulio Vasaturo di voler devolvere l'importo di 10mila euro, avuto come risarcimento nella causa contro Paolo Papagni, all'associazione, cioè in pratica a se stessa.

lunedì 24 dicembre 2018

OSTIA: QUANDO IL PD DIFENDEVA LE OCCUPAZIONI DEGLI SPADA

Sabrina Giacobbi amica
di Federica Angeli (Repubblica)
Con determinazione dirigenziale n. 302 del 18.06.2010 il Comune di Roma disponeva lo sgombero dell’alloggio sito in via Antonio Forni n. 22 occupato da Silvano Spada. Il 24 giugno agenti della Polizia municipale arrivati sul posto circa alle 8.30, supportati da Polizia e Carabinieri, bloccavano l’entrata del palazzo. Due ore dopo, alle 10.30, una decina di persone tentavano di varcare il cordone per salire nell’appartamento al secondo piano ma venivano respinte a forza ottenendo comunque una proroga di 15 giorni dello sfratto. Tra queste persone, oltre a Massimiliano Spada (fratello di Silvano) anche Sabrina Giacobbi, segretaria (dal 2006 al 2015) della sede del PD di via Forni 16, sede chiusa per morosità per non aver mai pagato l’affitto al Comune di Roma. Una sede che invece, secondo i collaboratori di giustizia, avrebbe regolarmente pagato per anni il ‘pizzo’ al clan Baficchio, rivali degli Spada (come riportato dalla Procura di Roma). Secondo la versione della Giacobbi, rilasciata alla stampa, Silvano Spada aveva sempre vissuto lì, prima con la nonna (che era l’assegnataria della casa) e poi, dopo la morte della nonna, con sua figlia.
Sabrina Giacobbi con l’avvocato Luca Iacopini utilizzò a quel tempo i 15 giorni di proroga dello sfratto per fare ricorso al TAR che però il 15 settembre 2010 (n.04018/2010 Reg.Ord.Sosp.) respinse la  domanda incidentale di sospensione dello sfratto ritenendo che non vi fossero "gli elementi per ritenere che il ricorrente (Silvano Spada) facesse parte del nucleo familiare dell’assegnataria (la nonna)".
Non si ha notizia di cosa abbia in seguito deciso il TAR, fatto sta che quando il 9 ottobre 2018 (8 anni dopo) spararono al portoncino della casa di Silvano Spada l’indirizzo era sempre quello: via Forni 22. Una casa occupata abusivamente come ha raccontato la stampa: "maxi blitz in stile militare a Ostia per lo sgombero di un’altra casa popolare occupata abusivamente dagli Spada (dopo quello di giovedì scorso). A vivere indisturbati nell’abitazione erano la compagna e i figli di Silvano Spada, attualmente in carcere. Oltre 150 agenti del Corpo di polizia locale di Roma Capitale sono intervenuti in via Forni 22, a Ostia, per il recupero della casa popolare illecitamente occupata".
Questo faceva il circolo PD di via Forni che ad Ostia è chiamata dai residenti la ‘vietta’. In realtà è stata lo stradone della droga: rendeva fino a 15.000 euro al giorno, con tanto di dosi passate dai balconi agli spacciatori. A gestirla per molto tempo, affinchè tutto fosse tranquillo, Michael Cardoni oggi con Tamara Ianni (sua moglie) le fonti ritenute più attendibili da parte della Procura di Roma nel processo contro il clan Spada. Michael Cardoni per quel lavoro percepiva 200 euro al giorno fino a quando non venne ucciso a novembre 2011 il cugino di suo padre, Giovanni Galleoni, capo indiscusso del clan Baficchio, rivale degli Spada. Era di Giovanni Galleoni la palestra abusivamente occupata in via Forni 41-47 poi diventata degli Spada e fatta chiudere sotto Marino. Su via Forni al numero 16 c’era sempre stato il circolo del PD (chiuso il 19 maggio del 2015 per occupazione abusiva) e anche, dal 2005, al civico 39, lo sportello della Romeo Gestioni (davanti alla sede del PD, sul lato opposto) come punto di contatto per le 1042 famiglie delle case Armellini.
Non solo gli Spada furono aiutati dal PD ad occupare le case ma anche i ‘Baficchio’.
Dalle parole di Tamara Ianni, la collaboratrice di giustizia che ha denunciato il clan Spada, emerge il ruolo della ex sede del PD di via Antonio Forni a Nuova Ostia (la ‘vietta’). La sede, che non ha mai pagato per oltre 20 anni un euro al Comune occupando un alloggio che però il Comune pagava al gruppo Armellini, aiutava a ‘regolarizzare’ le occupazioni abusive collegate anche alla criminalità locale. Ciò si evince appunto dalla testimonianza di Tamara Ianni, la moglie di Michael Cardoni, figlio di Massimo a sua volta cugino di Giovanni Galleoni, quest’ultimo noto come «Baficchio» e considerato uno dei discendenti della Banda della Magliana (ucciso a Ostia nel 2011, inizio della predominanza del clan Spada). Galleoni aveva un 'libro mastro' (mai ritrovato) in cui annotava i propri proventi illeciti: pizzo, estorsioni, usura etc. Secondo i collaboratori di giustizia e la magistratura inquirente, anche la sede PD di via Antonio Forni pagava il pizzo. Per le case, il gioco allora era facile. Bastava occupare abusivamente una casa popolare, autodenunciarsi al Comune di Roma (lo sportello della Romeo era in via Forni, davanti alla sede del PD) e attendere l'arrivo dei vigili che prendevano atto dell'occupazione. Eletta la residenza in quella casa, si iniziava a pagare al Comune una indennità di occupazione per poi presentare una istanza di assegnazione della casa occupata grazie agli avvocati messi a 'disposizione' dal PD. Il Comune di Roma, con proprio ufficio, si occupava poi dell'istruttoria delle domande di regolarizzazione delle occupazioni abusive di questi alloggi di edilizia residenziale pubblica. Un metodo semplice e redditizio dal quale scaturivano centinaia di voti per il PD di Ostia. Ora che la sentenza in appello del processo chiamato ‘Sub Urbe' (racket delle case popolari a Ostia) è arrivata (tra gli altri, Massimiliano Spada condannato a 10 anni e 8 mesi) e che è in corso il processo al clan Spada (Silvano Spada, arrestato), sarebbe doveroso verificare anche le responsabilità della politica locale.