domenica 20 marzo 2016

OSTIA, MAFIA: AL VILLAGE IL PREMIO ‘FACCIAMO COME CI PARE’



Ad Ostia c'è solo una concessione demaniale marittima confiscata per mafia, anche se non in via definitiva[1]. E' quella dello stabilimento balneare Village in possesso della Malibù Beach srl, società interamente di proprietà della Settesei srl, riconosciuta una delle società del clan dei Fasciani[2], gli unici condannati ad oggi per mafia ad Ostia. Alla Malibù Beach srl da tre anni a questa parte è stato concesso di fare un po’ di tutto, al contrario delle altre 70 concessioni demaniali marittime di Ostia, definite “mafiose” dal PD, nonostante non risultino indagini in tal senso.

La prima anomalia è la concessione stessa. La Malibù Beach srl ha infatti ottenuto il 16 aprile 2013, dal Municipio X, la concessione del Village mediante licenza di subingresso rispetto all'Atto Formale n.13 del 9 novembre 2006, rilasciato alla società Il Porticciolo srl. Nessuno del Municipio X si è opposto a tale subingresso nonostante la Malibù Beach srl fosse stata confiscata 4 mesi prima, il 30 gennaio 2013[3], con sentenza del Tribunale di Roma, Sezione X Penale. La confisca, avvenuta già prima delle operazioni Nuova Alba (26 luglio 2013) e Tramonto (4 marzo 2014) è avvenuta a gennaio 2013 in applicazione dell'articolo 12 sexies c.p.p. (d.l. 8 giugno 1992, n. 306), una misura di carattere patrimoniale che corrisponde a una sanzione senza reato, perché in pratica tende a evitare l’accumulo di ricchezze di provenienza delittuosa in casi particolari tra cui quello dell'associazione di stampo mafioso.

La seconda anomalia è che non solo mai è stata disposta alla Malibù Beach srl la decadenza della concessione, ma addirittura la concessione è stata rinnovata fino al 2020 sempre dal Municipio X in data 24 marzo 2014, seppure nei confronti dell'amministratore giudiziario[4].

La terza anomalia è che la Malibù Beach srl, la cui concessione alla data odierna (19 marzo 2016) ancora non è decaduta, ha potuto ottenere l'autorizzazione da parte del Municipio X per cedere alla società Hesperia srl tutte le attività che riguardano lo stabilimento Village (dal ristorante ai servizi di spiaggia) mediante una rocambolesca serie di passaggi autorizzativi e non, qui di seguito elencati in ordine cronologico:

10 marzo 2014, "Protocollo d'intesa per la gestione dei beni sequestrati e confiscati" tra il Tribunale di Roma e Unindustria ed altri;
24 marzo 2014, proroga della concessione del Village (cfr. nota 4);
30 gennaio 2015, confisca della Malibù Beach srl (cfr. nota 1), depositata il 27 aprile 2015;
25 maggio 2015, nomina del dr. Massimo Iannuzzi come Coadiutore dell'ANBSC;
27 maggio 2015, Unindustria e Libera, inviano a Iannuzzi la propria manifestazione d'interesse per la gestione dello stabilimento Village;
8 giugno 2015, trasmissione di bozza di contratto al Consorzio Nausicaa, Federlazio e Unindustria;
16 giugno 2015, il G.I.P., dr.ssa Simonetta D'Alessandro, ritiene le condizioni contrattuali della proposta di Unindustria e Libera le più convenienti per sanare il debito della Malibù Beach srl ma soprattutto ritiene che la presenza di Libera assicuri quanto previsto per legge[5] (fini sociali: "destinazione per famiglie disagiate");
17 giugno 2015, il PM, dr.ssa Ilaria Calò approva, condivide il parere favorevole del GIP;
15 luglio 2015, si costituisce l'Hesperia srl,
4 agosto 2015, Unindustria indica a Iannuzzi l'Hesperia srl come società designata “alla stipula del contratto di affitto azienda con la Malibù Beach srl”;
6 agosto 2015, la ANBSC delega Iannuzzi a rappresentarlo alla stipula del contratto d'affitto tra Malibù Beach srl e Hesperia srl;
6 agosto 2015, viene redatto il contratto d'affitto[6] presso il Notaio Valerio Tirone (cfr. nota 3);
24 agosto 2015, Iannuzzi invia alla U.O.A.L. del Municipio Roma X “istanza per voltura temporanea della concessione demaniale 13/2006 relativa allo stabilimento balneare Village intestata alla Malibù Beach srl” chiedendo espressamente che l'efficacia del contratto è sottoposta alla condizione sospensiva del rilascio della necessaria autorizzazione (art. 45bis del Codice della Navigazione);
14 settembre 2015, la U.O.A.L. del Municipio Roma X autorizza il contratto d’affitto richiesto (art. 45bis del Codice della Navigazione).


Dunque, viene messo in secondo ordine il contenuto dei fini sociali del riuso dei beni confiscati (cfr. nota 5) e del tutto trascurato quanto previsto dalla Legge Regionale n.8 del 26 giugno 2015[7], che all’art. 5[8], comma 3, recita con chiarezza: “I comuni sono tenuti ad attivare procedure di evidenza pubblica ai fini del rilascio di nuove concessioni, nonché nei casi di affidamento ad altri soggetti delle attività oggetto della concessione e di subingresso ai sensi, rispettivamente, degli articoli 45 bis e 46 del codice della navigazione e successive modifiche."
Tale legge, di cui comunque manca ancora il relativo regolamento di attuazione, prescrive chiaramente che devono essere i Comuni (in questo caso, il Municipio Roma X) ad attivare procedure di evidenza pubblica per autorizzare l’art. 45 bis, che escludono le modalità di un protocollo d’intesa fra parti, con discrezione da parte di un ente privato (Unindustria) a ‘designare’ in maniera unilaterale una società tra le altre cose appena costituita. La discrezionalità è poi ancora più grave non solo perché la determinazione dirigenziale (necessaria ai fini del contratto d’affitto) avviene dopo l’entrata in vigore della legge regionale, ma va rilevato che a nessun altro concessionario di Ostia è stata concessa l’autorizzazione al 45 bis nell’anno 2015 proprio in virtù della legge regionale. Quindi, due pesi e due misure dl rispetto della normativa vigente.


Insomma, come per magia, al Village si è ottenuta una passerella per la propaganda piena zeppa di anomalie, coperte da un bel tappeto rosso, dove di trasparenza ce n'è poca e di legalità quanto basta alla campagna elettorale. Al concessionario confiscato per mafia si consente quello che a nessun altro concessionario è dato. Basta metterci il bollino dell’Associazione Libera ed il gioco è fatto. Gli altri? Si arrangino.




[1] Procedimento penale n.54911/12 R.G.N.R. - 14008/13 R.G. G.I.P. sentenza n.6846/15 emessa il 30 gennaio 2015 (depositata in data 27 aprile 2015) dal Tribunale di Roma - Sezione X, confisca beni ai sensi dell'articolo 12 sexies del decreto legge 8 giugno 1992, n.306 (Pubblicato nella Gazz. Uff. 8 giugno 1992, n. 133 e convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356 - Gazz. Uff. 7 agosto 1992, n. 185) - Malibù Beach srl con sede in Roma, via Caio Lelio n.39, c.f. 12052751000, REA 1346722
[2] Così è stato ovunque riportato dagli organi di stampa. Stranamente un documento dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), attribuisce tale confisca “in danno di Vito Triassi, nato a Siculiana (AG) il 21.04.1957 + Altri
[3] Anche tale informazione risulta dubbia (cfr. nota 1) seppur contenuta nell’atto del dr. Valerio Tirone, notaio in Guidonia Montecelio, via Locatelli 15 (repertorio 45.082 raccolta n.16468). Tale informazione è analogamente riportata nella Determinazione Dirigenziale rep.CO/1731/2015, prot. CO/103740/2015 del 14 settembre 2015 emessa dall’U.O.A.L. del Municipio Roma X, a firma del dirigente Arch. Cinzia Esposito.
[4] Determinazione Dirigenziale rep. CO/846/2014, prot. CO/37341/2014 del 24 marzo 2014 emessa dall'U.O.A.L. del Municipio Roma X, a firma del dirigente Ing. Paolo Cafaggi
[5] D.L. 4-2-2010 n. 4, “Istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata” pubblicato nella Gazz. Uff. 4 febbraio 2010, n. 28 (Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 31 marzo 2010, n. 50
[6] Il contratto in questione afferma che la sentenza di confisca non è ancora definitiva e si basa sulla validità della concessione della Malibù Beach srl (pena nullità). Il contratto ha valenza dal momento del rilascio dell’autorizzazione dell’art. 45 bis fino alla data del 31 dicembre 2018, alla quale potrà essere rinnovato. Il canone d'affitto è di 400.000,00 euro, incluso il canone demaniale (40.000,00 euro, forfettario per il 2015), dunque 120.000,00 euro l’anno (anni: 2016, 2017 e 2018). I pagamenti avvengono con rate semestrali di 60.000,00 euro. Il mancato pagamento anche di una sola rata prevede la risoluzione del contratto per inadempimento. La Malibù Beach srl può recedere dal contratto se nel periodo di locazione interviene la confisca definitiva o la restituzione dei beni.
[7] Entrata in vigore con il B.U.R.L. n.52 del 30 giugno 2015 (Disposizioni relative all'utilizzo del Demanio Marittimo per finalità turistiche e ricreative. Modifiche alla Legge Regionale 6 agosto 2007, n.13, concernente l'organizzazione del sistema turistico laziale e ss.mm.)
[8] Inserimento dell'articolo 53 bis nella l.r. 13/2007

martedì 15 marzo 2016

L'ABBAGLIO DELLA QUESTURA E LA CENSURA TARGATA PD - MENZOGNE UN TANTO AL CHILO




Con riferimento al comunicato stampa emesso in data 09/03/2016 alle ore 16.38 da questuraufficiostampa.rm@poliziadistato.it, avente per oggetto “ROMA. POLIZIA DI STATO – OSCURATO IL PROFILO FACEBOOK DI “LUNA NUOVA” E DI ALTRI SEI INDAGATI PER DIFFAMAZIONE AGGRAVATA”, si informa e si precisa quanto segue:

1) E’ stata compiuta una violazione del segreto istruttorio da parte della Questura in quanto i nomi degli ‘indagati’ (molti dei quali ad oggi non hanno ancora ricevuto alcuna notifica) sono chiaramente e univocamente determinabili, non solo per le indicazioni contenute nel comunicato stampa, ma soprattutto
per l’uso che se ne è fatto successivamente (senza alcuna rettifica dell’Ufficio Stampa della Questura) da parte della Signora Federica Angeli, giornalista de La Repubblica (LINK 1) e dal Presidente del Partito Democratico, Matteo Orfini e dal Senatore della Repubblica, On. Stefano Esposito (PD) (LINK 2), nonché da altri organi di stampa cartacei e non (ad es. La Repubblica e L’Unità) che, ritenendo autorevole la fonte citata, hanno diffuso ulteriormente l’identificazione delle persone, indicando addirittura i nomi per esteso, violando in maniera inequivocabile il segreto istruttorio. La rivelazione dei dati dunque non può che essere avvenuta se non per comunicazione della Questura.

2) Il contenuto del Comunicato Stampa contiene una serie di affermazioni false. Il Signor Roberto Fraschetti, scrittore, non è gestore della pagina Facebook di “LUNA NUOVA”, bensì di una pagina omonima (dove è riportata chiaramente la parola “Libro”) che è il titolo del suo ultimo romanzo ambientato a Cuba nel 1868 (LINK 3). Ci domandiamo dunque quali “indagini, condotte dalla Quarta Sezione della Squadra Mobile” siano state “condotte” visto l’abbaglio preso.

3) E’ falso che sia stata oscurata in data 9 marzo 2016 la pagina di Luna Nuova - Comunità (LINK 4). Alle ore 21 del 15 marzo 2016 la pagina è ancora in chiaro, così come gli account facebook delle persone citate nel comunicato stampa della Questura.

4) E’ falso che la pagina di Luna Nuova sia stata utilizzata “quasi esclusivamente per commettere il reato di diffamazione nei confronti di Federica Angeli”. Da agosto 2013 Luna Nuova ha pubblicato sul suo blog (LINK 5) 97 post di cui una ventina riguardano la RISPOSTA, SUFFRAGATA DA FATTI, di Luna Nuova alle diffamanti accuse e falsità pubblicate sulla pagina della Signora Federica Angeli, che ha oltre 25mila fan, (LINK 6) e sul quotidiano La Repubblica a sua firma. Sulla pagina facebook di Luna Nuova sono stati ‘postati’ non solo i comunicati stampa e gli articoli di Luna Nuova, contenuti nel suo blog, ma anche e soprattutto un’amplissima rassegna stampa dei principali quotidiani inerenti il tema della legalità a Roma ed in particolare ad Ostia, tema di cui né la Signora Angeli né il PD hanno l’esclusiva.

5) Il 1° dicembre 2015, Paula Filipe de Jesus e Andrea Schiavone, hanno inviato alla Commissione Antimafia un documento, sotto forma di esposto alle autorità competenti, nel quale hanno chiarito per l’ennesima volta chi è Luna Nuova e quale ruolo ricoprono al suo interno (LINK 7).

6) La Signora Federica Angeli è indagata
dal 2014, su molteplici denunce per i seguenti reati: art. 595 co 3 c.p.p., art. 660 c.p.p., art. 612bis c.p.p., art. 368 c.p.p. E’ di oggi la notizia che quanto ad esempio sostenuto dalla Signora Angeli, da ottobre 2013 e in ogni consesso, e cioè che il Dott. Ing. Andrea Schiavone sia stato denunciato da Andrea Tassone (PD, arrestato nell'inchiesta Mondo di Mezzo di Mafia Capitale) per “minacce” è falso, come si evince dagli atti della Procura in possesso dello stesso. Tassone ha denunciato Schiavone per diffamazione e non per minacce e il PM Sergio Colaiocco ne ha chiesto l’archiviazione, archiviazione alla quale Tassone non si è opposto (LINK 8).

Ricordiamo che <<la Suprema Corte, da ultimo nella sentenza n.35511 del 16 luglio 2010 della V Sezione penale della Corte di Cassazione, pone l'accento sulla "eterogeneità della telematica rispetto agli altri media sinora conosciuti". Per effetto dell'enorme e crescente proliferare di siti che ospitano interventi ed opinioni la rete è diventata una realtà paragonabile ad una immensa piazza telematica nella quale tutti possono prendere parola per esprimersi sui diversi siti, non solo critiche e giudizi più o meno informati e meditati ma anche vivaci consensi ed altrettanto vivaci dissensi, commenti umorali o salaci, invettive, contumelie, vere e proprie ingiurie e frasi potenzialmente lesive della reputazione altrui. Quanto riportato sui forum, blog o social network è mitigato nella potenzialità lesiva della reputazione (rispetto ai media tradizionali) perché il lettore associa alle frasi un'elevata dose di soggettivismo da parte di chi la scrive, a meno che non siano frutto dell'attività di professionisti e/o siano soggetti ad un regime di controllo prima della pubblicazione. In sostanza, per tutti coloro che diffondono notizie o commenti sulla rete resta intatta l'ampia sfera del diritto di cronaca e di critica che non può essere considerato una prerogativa dei soli professionisti dei media tradizionali. Inoltre, va considerata la inoffensività di brani ed articoli firmati ma che siano aperti ai contrastanti commenti dei lettori ed offerti ai dissensi ed alle smentite dei lettori stessi, cosa che non capita sempre per i media tradizionali. In definitiva, l'enorme mole di messaggi immessi in rete crea una sorte di "desensibilizzazione oggettiva" dei messaggi stessi>>.

Pertanto, con buona pace di tutti coloro che vorrebbero mettere a tacere le “voci critiche” (non solo la nostra, ma anche quella di valenti professionisti dell’informazione, come Giulio Mancini de Il Messaggero e Luca Teolato de Il Fatto Quotidiano, e di molti cittadini e associazioni impegnate nel sociale), al Presidente del Partito Democratico, On. Matteo Orfini, e al Sen. Stefano Esposito (PD), rispondiamo che non ci intimidiscono le loro menzogne diffamatorie e li invitiamo a condurre una campagna elettorale sulla base dei loro programmi e non sulla violazione di principi e valori costituzionali.


La censura è il figlio della paura e madre dell’ignoranza. (Laurie Halse Anderson)