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sabato 17 maggio 2014

MAFIA, OSTIA: LE SPIAGGE DEL 'GATTOPARDO'


A OSTIA NON CAMBIA NULLA E DI MAFIA PARLA ORMAI SOLO 'IL TEMPO'.

SULLE SPIAGGE, ROCCAFORTE DEGLI AFFARI, NESSUN CONTROLLO, NESSUNA AUTORIZZAZIONE. PASSATA L'ONDATA MEDIATICA DI EROI ED EROINE, I CLAN SI RIPROPONGONO PIU' FORTI DI PRIMA.




La Cassazione salva il clan di Ostia

Carmine e Giuseppe Fasciani erano stati condannati a 23 e 17 anni per droga Per la Suprema corte non c’è associazione a delinquere: processo rinviato
All’inizio dell’anno si era infranta, in secondo grado, l’accusa nei suoi confronti di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. «Don» Carmine Fasciani, l’uomo che da anni nei rapporti antimafia viene dipinto come uno dei boss del litorale romano, era stato assolto insieme alla moglie dalla Corte d’Appello di Roma. Un colpo durissimo, l’ultimo di una serie per gli inquirenti che nel 2012 (dopo l’assoluzione in primo grado) avevano già dovuto incassare il dissequestro del Village, il mega stabilimento balneare di proprietà della famiglia Fasciani.
Ieri la Cassazione ha depositato le motivazioni della sentenza di un altro procedimento che, emessa un po’ in sordina lo scorso sette febbraio, ha dato un’altra amarezza a chi da anni indaga su una famiglia accusata di controllare una fetta importante di Ostia.
La terza sezione penale della Suprema corte ha annullato con rinvio la sentenza di appello che il 29 marzo 2013 ha condannato Carmine Fasciani e il fratello Giuseppe rispettivamente a 23 e 17 anni, «limitatamente al reato di cui all’articolo 74 del d.P.R. 309 del 1990». Si tratta dell’articolo che punisce l’associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. Per la Cassazione l’entità della condanna andrà riformulata, perché la sentenza di appello non motiva a sufficienza l’esistenza di un vero legame di tipo associativo tra i Fasciani e altri soggetti pizzicati a trafficare in droga con loro.
L’operazione da cui è scaturito il procedimento risale al 5 febbraio 2008, quando dopo una serie di intercettazioni telefoniche e ambientali le forze dell’ordine arrestarono a Ostia Alessio De Santis, trovando nel suo magazzino di mobili una partita di cocaina, a sua volta ritirata e consegnata da Marco Rhao, pregiudicato di Ostia in seguito fuggito in Spagna ed estradato nel 2010. Sullo sfondo, dalle intercettazioni ambientali, emerse il coinvolgimento di «Don» Carmine e del fratello nel controllo e nell’organizzazione dell’affare.
Rapporti frequenti, quelli fra i quattro, che però per la Cassazione non provano l’esistenza di un vincolo associativo durevole, un «programma generico di delinquenza», anche perché De Santis e Rhao, annotano i giudici della Suprema Corte, «si approvvigionavano anche da altri fornitori con canali di spaccio autonomi rispetto ai Fasciani». Toccherà di nuovo ai giudici di secondo grado motivare perché, nel caso specifico, non ci si trovi di fronte a un semplice caso di concorso in reato.
«Non c’erano i presupposti giuridici per contestare l’associazione», conclude Palma Seminara, uno degli avvocati di «Don» Carmine e del fratello. Ai quali, adesso, la Corte d’Appello di rinvio potrebbe decidere di ridurre sensibilmente la condanna. «Sono infatti rimasti in piedi soltanto i reati minori», spiega l’avvocato Seminara.
Ancora una volta, dunque, la contestazione del reato di tipo associativo si rivela un terreno non agevole per chi indaga sulla famiglia Fasciani, nonostante le relazioni della Dia abbiano spesso descritto Carmine (che da pochi giorni ha compiuto in carcere sessantacinque anni) come un dominus della malavita di Ostia, erede dei boss della Banda della Magliana, uno dei boss protagonisti di una vera e propria spartizione del litorale romano insieme alle famiglie Senese e Triassi.
L’ultimo guanto di sfida ai Fasciani e al loro impero economico risale al marzo scorso, quando l’operazione «Tramonto» della Guardia di Finanza ha portato all’arresto di sedici tra presunti affiliati, fiancheggiatori e prestanome della famiglia, accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso e trasferimento fraudolento di beni.
L’operazione «Nuova Alba», a luglio 2013, aveva fatto piovere 51 ordinanze di custodia cautelare e sequestri ingenti. In quell’occasione furono arrestate anche la moglie e le due figlie di Fasciani, Sabrina e Azzurra. Per quest’ultima, recentemente, sempre la Cassazione ha respinto la richiesta di revoca del provvedimento.
(Martino Villosio – Il Tempo)
"La mafia uccide, il silenzio pure" (P. Impastato)

martedì 6 maggio 2014

"PIGLIAMUNI OSTIA"

Fasciani, Spada... arrestati. Invece i due fratelli Triassi, Vito e Vincenzo sono stati scarcerati a metà settembre 2013, loro, i luogotenenti dei Cuntrera e Caruana, potente famiglia mafiosa siciliana che ricopre una posizione chiave nel traffico di stupefacenti e nel riciclaggio di denaro sporco. Non solo. La potente famiglia del paesone di Siculiana avrebbe gestito da sempre il controllo dei chioschi e delle attività sul litorale di Ostia (vedere nei commenti le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Sebastiano Cassia). I fratelli Vincenzo e Vito Triassi, originari di Siculiana ma da tempo residenti ad Ostia, sono rispettivamente sposati con Felicia e Nunziata Caldarella, figlie di Santo, condannato per associazione mafiosa con i siculianesi Pasquale Cuntrera e Alfonso Caruana.
Oggi l'egemonia del PD in termini politici (Governo, Regione, Comune di Roma, Municipio di Ostia) e in termini antimafia (la Rosy Bindi è p.es. dal 22 ottobre 2013 presidente della Commissione parlamentare antimafia) dovrebbe spiegare cosa ci faceva Walter Veltroni (sindaco di Roma) e il suo delegato al litorale, già presidente del Municipio di Ostia (Paolo Orneli) con Vito Triassi su una delle spiagge libere del litorale. Per finire, lo stesso PD dovrebbe spiegarci perché ad oggi le spiagge in mano ai Triassi hanno avuto una proroga delle concessioni balneari fino al 2020.

(foto tratta dal sito www.nottecriminale.it)


Il collaboratore di giustizia Sebastiano Cassia ha raccontato così ai magistrati le verità sulla criminalità organizzata sul litorale di Ostia. "I Triassi sono i luogotenenti di Gaspare, Pasquale e Paolo Cuntrera e per loro gestiscono il traffico di cocaina e l’usura. Ho avuto modo di incontrare due volte i fratelli Cuntrera a casa dei Triassi: una volta a casa di Vito, l’altra da Vincenzo, nel 2006/2007, ed ho avuto modo di constatare che i Cuntrera davano ordini ai Triassi rispetto al traffico di cocaina ed all’usura. Per due volte, una direttamente una tramite i Triassi, mi venne chiesto dai Cuntrera di commettere per loro degli omicidi nei confronti dei rappresentanti della famiglia Spada di Ostia, dediti in prima persona alle attività delle estorsione e dell’usura. Io non ho potuto dire direttamente no, ma ho temporeggiato. Fino a quel momento, dato il mio rapporto passato con il mio capo Benedetto Spadaro, si dava per scontato che nella contrapposizione Triassi - Fasciani io sarei stato dalla parte dei siciliani. In quel periodo e tuttora Michele Senese sta dalla parte dei Fasciani, anche per il fatto che hanno interessi comuni nel campo della cocaina: fanno forniture comuni e poi ciascuno vende per conto proprio, Fasciani su Ostia e Senese al Quadraro".
Un'imposizione, quella che volevano mettere in atto i fratelli Triassi, alla quale i Fasciani non sono rimasti a guardare. Nel 2007 e nel 2011, infatti, rispettivamente Vito e Vincenzo Triassi sono stati vittime di agguati e intimidazioni. A raccontarlo ai giudici è stato sempre il collaboratore Cassia, che durante un interrogatorio ha detto che "il ferimento di Vito Triassi nel 2007 è stato eseguito per motivi legati alla gestione dei 'chioschi' sul lungomare di Ostia. Il contrasto, in particolare, riguardava lo stabilimento dei Vigili urbani sul lungomare Toscanelli. L’attentato a Vincenzo Triassi, invece, è maturato per ragioni connesse esclusivamente alla cocaina. I Triassi sono stati quindi estromessi dagli interessi criminali di Ostia che attualmente sono gestiti dagli Spada e dai Fasciani, che gestiscono anche alcuni appalti".
(da: Agrigento Notizie)



"La mafia uccide, il silenzio pure" (P. Impastato)