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venerdì 28 febbraio 2014

I PROFESSIONISTI DELL'ANTIMAFIA


"Io sono un criminale, di quelli cattivi, che uccidono. Che neppure ti chiamano per nome quando ti devono sparare in bocca. Non scelgo le mie vittime, me le indica il sistema. Chi sono le mie vittime? Quelle che combattono il sistema fatto di imprenditori, politici e criminali (come me). Un sistema che si avvale della forza di intimidazione del vincolo associativo, che pratica l'omertà per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione e il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e di servizi pubblici. Chi sono le mie vittime? Non sono quelle che vanno in giro a presenziare eventi, a fare lezioni, a parlare in televisione, che si fanno fotografare con i familiari, che mi lasciano capire i loro spostamenti, che scrivono i libri sul sistema. Quelle persone servono al sistema e non si salvano perché hanno una scorta, ma hanno una scorta perché già sono state salvate dal sistema. E' come il bollino blu della sorveglianza notturna: tu paghi, lo metti fuori dal cancello e nessuno ruberà mai da te. Chi sono le mie vittime? Quelle che mi indica il sistema, non quelle che prendono un premio dal sistema per avermi indicato". (da LINK)


"La mafia uccide, il silenzio pure" (P. Impastato) 

venerdì 21 febbraio 2014

IL PENTITO SPATUZZA: «I CLAN FASCIANI E TRIASSI PADRONI DEL LITORALE ROMANO»

LA TESTIMONIANZA
Sono circa le undici quando il presidente della corte, dall'aula bunker del carcere di Rebibbia, introduce il videocollegamento con uno dei più noti pentiti della storia di Cosa Nostra. Gaspare Spatuzza, rintuzzato dalle domande del pm Ilaria Calò, parla dei rapporti che intercorrevano tra lui e gli esponenti d
ella famiglia Triassi, accusati insieme ai Fasciani di aver imposto la loro presenza nel litorale romano, creando un'associazione a delinquere di stampo mafioso, dedita principalmente all'usura e al commercio di sostanze stupefacenti. «E' accaduto tutto tra il '95 ed il '97- racconta Spatuzza- Ero capofamiglia di Brancaccio e Capomandamento. Avevo un gruppo di fuoco peggio dei talebani e vicino a me c'erano i fratelli Garofalo». Furono i fratelli affiliati alla cosca della Noce, nel palermitano, a presentare tale Pino al collaboratore di giustizia. «Volevo avere una base logistica a Roma» ha continuato Spatuzza. «Pino venne a Palermo, mi parlò di affari ma disse che prima bisognava ammazzare i Triassi». Ma una volta a Roma, Spatuzza cambia strategia: «Mi dissero che Pino aveva l'Aids, quindi per la mentalità mafiosa era inaffidabile. I Triassi avevano una prepotenza mafiosa uguale a quella di cosa nostra». Accetta di incontrarli: «Se li volevo uccidere non li incontravo. Li reputai più affidabili di Pino. Andai all'incontro disarmato, rappresentavo una forza armata e nessuno ci faceva paura». In quell'incontro, avvenuto nel marzo del '96, Spatuzza pose le basi per una collaborazione che non avvenne mai: «Grazie a Dio nel '97 mi hanno arrestato».
(Andrea Ossino - Il Messaggero)
IL MONDO / attualita / 20 Febbraio 2014
Racket su Litorale, Spatuzza: comandavano Fasciani-Triassi
Testimonianza ascoltata nell'aula bunker del carcere di Rebibbia


Roma, 20 feb. "Avevano il paese di Ostia nelle mani".
Ha detto così il pentito di Mafia, Gaspare Spatuzza, nel corso di
una testimonianza nell'ambito del processo agli esponenti dei
clan Fasciani e Triassi finiti in carcere l'estate scorsa nel
corso di una maxioperazione della Procura di Roma contro la
criminalità organizzata di Ostia.
Spatuzza, in collegamento audio, per circa un'ora ha risposto
alle domande del pm Ilaria Calò. E così nell'aula bunker del
carcere di Rebibbia è stato in qualche modo ricostruito cosa
avvenne a cavallo degli anni '90. "Dalla Sicilia, nel 1995, in
qualità di reggente e capo del mandamento di Brancaccio, mi
mandarono per una missione di morte al fine di scovare e uccidere pentiti di mafia - ha detto Spatuzza - Arrivato a Roma incontrai un corleonese trapiantato nella Capitale che mi confermò che i Triassi ad Ostia erano i padroni e che andavano eliminati. Chiesi consiglio ad un'altra persona e non ne feci niente perché capii che il clan Caruana-Cuntrera, cui erano legati i Triassi, erano troppo potenti".
Per gli inquirenti i Triassi ed il clan Fasciani avevano fatto
un accordo di non belligeranza per la spartizione degli affari.
L'inchiesta della Dda capitolina ha portato all'arresto, nel
luglio scorso, di 51 persone tra cui i capi famiglia Carmine
Fasciani e Vincenzo Triassi.
In un passaggio dell'ordinanza del gip Simonetta D'Alessandro la realtà di Ostia è stata così spiegata da Spatuzza: "La cosa che ho notato è che rispetto alla mafia, la mafia palermitana o
siciliana che sia, a Roma hanno tutta un'altra mentalità, nel
senso che non si vogliono sporcare le mani direttamente. Il
romano cerca di farsi proteggere le spalle, agire in seconda fila
e però investire più... per avere più proventi possibile. Quindi
cerca di non apparire ed esporsi... hanno bisogno di questa
manovalanza criminale per portare avanti i loro interessi: gli
investimenti".
Roma: processo a mafia di Ostia, interrogato pentito Spatuzza
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - Gaspare Spatuzza, pentito di mafia, ha deposto oggi in collegamento audio nel processo che vede imputate a Roma per fatti di mafia 51 persone. Sono i c
omponenti delle famiglie Triassi e Fasciani, operanti lungo il litorale romano e finiti in carcere alcuni mesi fa. Spatuzza rispondendo alle domande del pubblico ministero Ilaria Calò per oltre un'ora ha rievocato fatti del passato a cominciare dalla metà degli anni '90, ricordando che i due clan erano in sostanza i dominatori del litorale della Capitale.
Davanti ai giudici della III Corte d'Assise il pentito ha ricordato tra i tanti episodi che nel 1995, quando era reggente e capo del mandamento di Brancaccio a Palermo, fu mandato in missione a Roma con un preciso compito: scovare e uccidere i pentiti di mafia. Nella Capitale prese i contatti necessari per raccogliere le informazioni che gli servivano. Fu un corleonese a confermagli che i Triassi erano potenti e tra coloro che dovevano essere eliminati. Ma il progetto non fu portato a termine quando si accertò che i componenti di questo clan erano collegati con la potentissima famiglia dei Caruana-Cuntrera.
La Procura della Repubblica di Roma, che ha portato avanti la complessa inchiesta conclusasi con l'arresto delle 51 persone nello scorso luglio, è convinta che tra i Triassi e il clan Fasciani venne sottoscritto un accordo di non belligeranza per la spartizione del territorio e per portare avanti gli affari di ciascun clan senza interferenze.